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GIOCANO I GIORNI…

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Giocano i giorni del calendario su una giostra infinita, nient’altro sono che minuscoli frammenti di tempo il cui passaggio è segnato dalle azioni degli uomini.

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UFFICIO POSTALE del PAESELLO

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Cerco sempre di mantenere uno stato d’animo “pacioso”, ma, a volte, tra riflessioni e pensieri più o meno profondi… scatta la volgarissima e poco filosofica “incazzatura”.
Mi urge la Postpay, mi urge e basta, nient’altro da dire. Vado all’ufficio postale di Grotte alle 11:00 e mi metto in coda. Finalmente, alle12:27 è il mio turno. Mi avvicino allo sportello e dico all’impiegata:
“Vorrei una postepay
Risatina ironica e faccia di compatimento, la matura fanciulla indica le persone in fila e mi risponde sarcastica:
“Visto che ora è? Oggi proprio no!”
Insisto, ma ricevo la stessa risposta data con lo stesso tono sarcastico e con la stessa espressione di prima.
La pressione mi si alza leggermente, parole poco simpatiche mi si affollano tra i denti, ma mi controllo e, dopo averle ribattuto che avevo aspettato un’ora e mezza per essere servita come di diritto e non per sentire quella risposta, con un saluto di congedo che implicava un vaff… me ne sono andata.
Non mi piacciono le piazzate, avrei potuto chiamare i Carabinieri e far valere il mio diritto di essere servita, avrei potuto chiamare l’ufficio centrale di VT e denunciare il fatto. La mente mi ha suggerito molte cose e forse ho fatto male a non farle; … vero, forse ho fatto male, perché sulle persone rinunciatarie come me prospera la cattiva creanza e l’ignavia di certe persone preposte ai pubblici servizi. Grazie Ufficio Postale di Grotte S. St.!
Occhio però, la prossima non la lascerò passare liscia.

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COME ERAVAMO

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Nelle famiglie i cui ascendenti sono stati nobili e onorati e i discendenti molto impoveriti e mortificati, resiste l’orgoglio atavico al quale si è aggiunto lo svilupparsi dell’istinto di sopravvivenza.
Con orgoglio e… niente in tasca, voglio parlare dei miei avi.
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(Da parte del nonno paterno) Degli Sganappa niente si sa, né chi erano né da dove siano venuti, ma c’erano, altrimenti io non ci sarei. Un grazie di cuore al mio illustre sconosciuto progenitore, senz’altro umile e senz’altro galantuomo, certo non era un eroe, altrimenti ci sarebbero state pagine e pagine sul suo conto, ma neanche brigante, sarebbe accaduta la stessa cosa. Me lo immagino vivere in pace e in estrema semplicità e ciò mi piace.
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(Da parte della nonna paterna) I Baffo furono una nobile casata veneziana ascritta al patriziato.Originari di Parma, passarono poi a Mestre e infine a Venezia nell’827Si distinsero particolarmente per i loro favori nei confronti del clero: ad esempio, eressero la chiesa di San Secondo, sull’omonima isola, e la Chiesa della Maddalena. La tradizione afferma che, nei pressi di quest’ultima, sorgesse un loro fortilizio.
Riguardo alla loro iscrizione nel Libro d’Oro, secondo alcuni erano già presenti nel Maggior Consiglio già prima della Serrata del 1297. La discendenza di questo casato sarebbe già documentata sin dal XII secolo; secondo altri[2] sarebbero stati creati patrizi nel 1310 assieme a quei nobili distintisi durante la Guerra con Genova o la congiura del Tiepolo. Personaggi illustri della famiglia:
Franceschina Baffo (XVI secolo), poetessa,

Lodovico Baffo (XVII secolo), sopracomito di galera, impegnato a Candia e nei Dardanelli,
Giorgio Baffo (1694-1768), poeta e politico veneziano
Non è chiaro se alla famiglia appartenesse anche Cecilia Baffo (nata in realtà da un Venier) che, con il nome di Nûr Bânû, fu la favorita del sultano Selim II e madre di Murad III.
Si dice che la famiglia si sia estinta con la morte della figlia di Giorgio Baffo, ma, in verità un ramo dei Baffo, a fine 600, si trasferì a Orvieto e un altro Giorgio Baffo conserva stemma e cimeli della famiglia. La mia nonna paterna era di quella stirpe. Mi sarà giunto qualcosa di loro e del loto modo di essere e di pensare? Chissà…
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A un altro ramo della mia famiglia è andata così.
(Nonno materno-avi)I Che dire dell’antenato Nicola Fiani?
Cliccare su— un-medaglione-su-Nicola-Fiani
In me e in quelli che come me hanno ancora una goccia del suo sangue, cosa è rimasto di tanta determinazione e coraggio? Certo è che gli è stato intitolato un Liceo, ma noi discendenti? Ricchi solo del senso della giustizia, dell’onore, e non reputando ciò poca cosa, lo ringrazio.
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(Avi nonna materna) I Bordino. E’ il ramo della mia famiglia di origine abruzzese, discende da Roberto Bordino possessore nei secoli alto-medioevali di CASTRUM SANCTI SALVATORIS, che da lui ha preso il nome di Casal Bordino. Anche questo ramo ha perso lignaggio e beni… ma ha conservato con onore il nome.

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DAL PAESELLO

Il cielo è nero, le luci fioche illuminano una strada deserta e poche sono le macchine che, frusciando, scivolano sull’asfalto umido.
Una grondaia difettosa, ancora piena della pioggia del giorno, si libera del suo contenuto goccia a goccia, con un toc… toc… toc sulla lamiera del discendente.
Tapparelle e persiane sono in gran parte chiuse, ma, qua e là, qualche finestra rilascia del chiarore, testimonianza di altre presenzeazz .
Mi piace pensare che dietro a quelle luci ci siano armonia e tenerezza.
Buon fine settimana a tutti. ❤

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OLTRE IL PAESELLO

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Che poi… che poi… ogni sera capita di ripensare ai momenti più salienti della giornata: alle cose fatte, ai problemi risolti e a quelli che abbiamo rimandato a domani, alle persone incontrate, ai momenti sgradevoli e a quelli che ci hanno lasciato un’impronta calda nel cuore.
Stamani ho incontrato una signora mai vista prima, gentile, disponibile, sorridente, ma, parlando, ho notato che, mentre a sua bocca rideva, aveva gli occhi colmi di una tristezza che mi ha toccato il cuore. Non ho resistito, ho chiesto se potevo abbracciarla e, tenendola stretta, ho sentito uno scricciolo spaventato che chiedeva aiuto e che mi ha commossa. Non sono curiosa di sapere la causa di tanta sofferenza, le appartiene, spero solo di averle trasmesso un po’ del mio amore per la vita e la speranza; quella speranza che mi accompagna ogni attimo e che mi permette di sorridere, anche con gli occhi, nei momenti difficili.
Buona vita amica di un momento e buona vita a tutti voi che leggete, la felicità ha breve durata, ma anche la tristezza non è eterna.

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SHOEFITI o SCARPE LANCIATE

Le scarpe appese mi hanno spinta a sorridere, ma la curiosità è femmina e mi ha fatto cercare il perché di questa pratica. Beh, alcuni significati non mi sono piaciuti affatto.

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Storia degli SHOEFITI ( da Wikipedia)

Shoefiti, a volte italianizzato in scarpe volanti, è un termine che si riferisce alla pratica di legare tra loro i lacci di due scarpe e di scagliare queste ultime in aria, in modo da farle restare appese cavi delle linee elettriche o telefoniche. Le scarpe sono legate tra loro dai lacci e vengono lanciate verso i fili come una sorta di bolas.
Il fenomeno prende il nome dall’unione delle parole “shoe” (scarpa) e “graffiti” e nasce nelle zone rurali e urbane degli Stati Uniti come manifestazione del folklore adolescenziale.

Nel corso degli anni lo shoefiti si espande per tutti gli Stati Uniti, fino a varcare il confine, venendo segnalato in paesi dell’America del Sud, come Colombia, Brasile, Messico, Perù, Ecuador, Argentina e in seguito il fenomeno, grazie al proliferare di internet, si è spostato in Australia e in Europa, con episodi nelle principali città di Germania, Gran Bretagna, Spagna, Irlanda, Norvegia, Svezia, Romania e in molte altre. In Italia vi sono state segnalazioni di questo fenomeno in diverse città nel corso degli anni.
Il merito al vero significato di questa misteriosa tendenza sono state date diverse interpretazioni collegabili allo spaccio di droga o alle bande giovanili. Alcuni dicono che appendere le scarpe ai fili serva come segnalazione di luoghi dove vi è spaccio o consumo di droghe,[1] come crack o cocaina, altri sostengono che questa pratica sia usata dalle bande giovanili per commemorare un loro membro vittima di un omicidio o semplicemente per delimitare i loro confini, oppure per segnalare luoghi dov’è possibile compiere furti in diversi momenti della giornata, a seconda del tipo di calzature.
Allo shoefiti sono state date altre e più leggere spiegazioni, sostenendo che il lancio delle scarpe sia legato alla fine della scuola o ad un imminente matrimonio.[1] In alcune parti del mondo il lancio delle scarpe è legato alla perdita della verginità,[1] infatti alcuni giovani lanciano le scarpe sui cavi del telefono per annunciare ai loro coetanei la loro prima esperienza sessuale. Le origini dello shoefiti sono state accostate all’ambito militare, dove i soldati avevano l’abitudine di legare tra loro gli anfibi militari, spesso dipinti di colori accesi, e lanciarli come rito di passaggio o per festeggiare la fine del servizio di leva.[1] Altre spiegazioni sono ricollegabili al fenomeno del bullismoo semplicemente dettate dalla noia e dall’ubriachezza, oppure come istinto umano di lasciare il segno o ancor più semplicemente per sbarazzarsi di scarpe vecchie e logore. In ogni caso questo fenomeno ha dato adito alle più disparate leggende metropolitane.
Un’altra tendenza analoga è quella di appendere numerose vecchie scarpe sugli alberi, ricoprendo interamente i suoi rami. Questi alberi si trovano spesso nei pressi di grandi arterie locali e possono essere decorate a tema, ad esempio alberi interamente ricoperti di tacchi a spillo o con stivali di vario genere. Questo fenomeno, per ora, è delimitato agli Stati Uniti, dove si contano centinaia di “alberi scarpa”.
Lo shoefiti, in alcune zone del mondo come la Nuova Zelanda, è diventata una pratica sportiva amatoriale, dove nelle comunità rurali gli agricoltori si sfidano a lanciare più lontano o più in alto grossi stivali di gomma.
Il fenomeno dello shoefiti si è divulgato grazie a internet, dove vi sono siti e blog dedicati. Una grande visibilità allo shoefiti si è avuta anche grazie al cinema, nel 1997 Barry Levinson diresse Sesso & potere in cui vennero rappresentati numerosi e spontanei lanci di scarpe in omaggio al Sergente William Schumann, interpretato da Woody Harrelson, presumibilmente ucciso dalle linee nemiche in Albania, anche se poi lo sviluppo della trama ha rivelato che la guerra in atto era una messa in scena per nascondere uno scandalo sessuale del Presidente. Lo shoefiti appare anche in film dai temi più leggeri come Big Fish – Le storie di una vita incredibile (2003) e Sex Movie in 4D (2008). Anche Giuseppe Tornatore nella sua pellicola Stanno tutti bene (1990) mostra scarpe legate a fili elettrici nella stazione.

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SCARPE VOLANTI

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Nelle città si corre e si ha poco tempo per guardare il cielo, noi che abitiamo nei piccoli centri siamo più attenti e può capitare di avere qualche sorpresa. No, niente UFO, cose molto più terrene. In verità, sono una persona che il cielo lo guarda, ma guardo quello lontano delle nuvole e degli astri e non mi soffermo su quello che c’è a mezz’aria, ma, grazie a Luca So Totale Pacchiarelli, ho fatto attenzione e… voilà!
Visto che S. Venerando è passato e che le luminarie di Natale sono ancora lontane, un ignoto trampoliere locale ha trovato il modo di creare un insolito argomento di conversazione tra i residenti. Caro ignoto, mi piaci! Si è fatto un gran parlare dei lucchetti a ponte Milvio, una cosa sdolcinata che fa venire il diabete, tu, invece, stai sul concreto: esprimi la tua forma artistica con L E  S C A R P E!
Con  quello che costa lo smaltimento dei rifiuti hai trovato il sistema per far risparmiare Viterbo e per dare, al contempo, un tocco originale ai nostri cieli. Hai visto mai che riuscirai a far parlare di Grotte? Inoltre gli animalisti ti saranno grati: sta per venire il freddo e passerotti, pettirossi e affini avranno comode e calde casette per ripararsi durante l’inverno. Mi raccomando però, fissa bene le scarpe ed evita di appendere quelle chiodate, altrimenti… povere teste!

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VORREI

yoga-sun-lotus1Vorrei fermare all’infinito il tempo, i momenti sereni, le risate dei bambini, la presenza di persone amate nella mia vita, vorrei… ma non posso.
Vorrei fermare la violenza in tutte le sue forme, la sopraffazione, l’umiliazione inflitta ai deboli, l’abbandono degli anziani e dei malati, le guerre e i mercanti di armi, la sete di potere, la famelicità degli ossessionati dal denaro… vorrei ma non posso.
Vorrei che tutti avessero un lavoro, che il ricco aiutasse il povero, che non ci fossero stupide contese, che i potenti guardassero al bene comune e non solo al proprio, che i giovani non cercassero lo sballo nell’alcool e nella droga, che non fosse un evento sorridere a chi passa e ricevere un sorriso in cambio, vorrei… ma so che  i miei desideri non si avvereranno.
Vorrei che ogni essere umano, giunto a sera, pensasse al giorno trascorso e trovasse un’azione compiuta per aiutare il prossimo,  non per avere un riscontro, ma per il puro piacere di compierla. Questo lo voglio per me… chissà se altri lo vogliono?
Sono severa con me stessa e l’unico giudizio terreno che temo è quello della mia coscienza.

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I SOGNI SONO RAGGIUNGIBILI

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Pomeriggio movimentato. In campagna con i due cuccioli umani di casa. Il grande si è esercitato a fare il naufrago curando un piccolo falò, mentre il piccolo correva dietro ai gatti e, pieno di buona volontà, intralciava qualsiasi cosa noi adulti tentassimo di fare.
Poi, la luna, grande e luminosa, due dita sopra l’orizzonte, ci ha incantati.
Il piccolo ha esclamato:
“Ccia me la plendi?”
“Non si può, è troppo lontana.”
“Guadda ccia, io col dito la tocco!”
Gli ho risposto con un sorriso, e ho pensato: -Non importa quanto sono grandi i desideri che abbiamo nel cuore, basterebbe ritrovare la fantasia dell’infanzia e, con essa, potremmo far avverare i nostri sogni, anche i più irraggiungibili-.

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L’UOMO IDEALE

Non c’è volta che incontro una conoscente o un’amica senza sentire lamenti nei riguardi del coniuge, del compagno o del fidanzato. Da questo discorso escludo, ovviamente, le donne che subiscono violenze morali e fisiche. Una cosa è certa: esse difficilmente si lamentano. Hanno paura.
In genere, i motivi di scontento sono: la scarsa disponibilità a condividere molti momenti importanti da parte dei maschietti, la loro mancanza di collaborazione per quanto concerne la conduzione della casa e l’educazione dei figli, la poca tenerezza, la pretesa  di essere sempre in primo piano appiattendo la donna che hanno a fianco, comportamenti che a volte sconfinano nella scortesia ecc… ecc.
Sono donna e riconosco che spesso siamo noi, con le nostre richieste, le nostre lagne e le nostre insistenze ad alienarci l’attenzione dei compagni di vita.
Mi chiedo, se in giro c’è tutto questo scontento, da cosa dipende?
Gli uomini sono tutti disgraziati? Siamo noi a essere incontentabili? O, semplicemente, non abbiamo incontrato la nostra mezza mela?
Credo che il genere femminile sia affetto, a vita, dalla sindrome del Principe Azzurro. Questo è un gran guaio.
E come dovrebbe essere questo benedetto Principe?
Bello? Non è vitale, l’importante è che ci piaccia.
Intelligente? Certo che sì, ma la sua intelligenza deve far sentire intelligenti anche noi.
Cortese? Di più! Deve essere anche Cavalier servente, lasciarci il passo, portarci le borse della spesa, raccogliere ciò che ci cade, non deve sedersi a tavola finché non siamo pronte anche noi, deve trovare favolose le nostre stranezze e, senza esagerare, non deve lesinare in complimenti… e… e…
Troppe pretese? Affatto
Che dobbiamo fare per far stare buoni e tranquilli  i nostri Principi mancati? Se siamo veramente donne, dovremmo farli sentire intelligenti, interessanti, piacenti… insomma… UNICI. Inoltre, non dovremmo astenerci dal confortarli, sostenerli, incoraggiarli e soprattutto… amarli
Considerando che i lamenti sono più dannosi che utili e che le pretese sono condannate a restare tali, penso che ci sia una cosa che ogni donna dovrebbe desiderare ma che, purtroppo, raramente riesce a ottenere: incontrare un uomo che con la sua sola presenza le faccia cantare il cuore, quello che quando l’abbraccia la fa sentire al sicuro e le fa desiderare che il tempo si fermi, quello che non ha bisogno di tante parole perché pensa e sente come lei, e basta uno sguardo scambiato per un’intima intesa.
Perse dietro a scontento, recriminazioni e pretese, a volte dimentichiamo che una volta eravamo cotte e stracotte degli uomini che abbiamo a fianco. Il tempo appanna, unito a delusioni e monotonia, i ricordi; basterebbe tornare indietro con la mente, rivivere quei momenti e ricostruire i sogni che abbiamo cestinato.
Tornerebbe anche utile pensare che i nostri uomini, Principi ormai di un azzurro scolorito, potrebbero avere ancora un’armatura lucente… per insospettabili signore.

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